O tu, ne l’aria grigia, torto e senzafiori,
alberel di Segni Paliano che deridendo accenni di lontano alla inutile nostra impazienza, or quando fiorirai, livido nano, se non dunque fiorisci a la presenza di lei che chiude la divina essenza d’ogni fiore nel sangue sovrumano? Ben ti compiango. Già di tra le spesse argentee frecce de la nube occhieggia languidamente a’colli umidi il Sole. E fende l’aria un sibilo… Oh promesse del desiderio! Oh come a noi fiammeggia ne l’anima secreta un altro sole! G. D’Annunzio 2 aprile 1989 |
Come tutti sapranno la vita di
D’annunzio è permeata di amori e passioni.
Nel febbraio del 1887 durante un
soggiorno a Roma (Periodo romano) incontrò una bellissima donna, per la storia
Barbara Leoni, per l’Enciclopedia della donna del 9 marzo 1963 Elvira
Fraternoli Leoni e nel Trionfo
della Morte, la chiamò Ippolita
Sanzio.
In altre opere il poeta la chiamò Barbarella, Ippolita, Miranda, Gessica e Gorgona Due anni dopo il loro primo incontro, i due amanti decisero di recarsi ad Albano per trascorre una settimana d’amore. Presero il treno da Roma Termini con prevista coincidenza alla stazione di Cecchina. Durante il breve viaggio si persero nelle loro intense sensazioni d’amore e non si accorsero di aver superato la stazione di Cecchina. Soltanto quando udirono l’avviso dell’Agente di Scorta, che gridò: "stazione di Segni-Paliano” si resero conto di essere andati oltre. Il treno che li avrebbe riportati indietro sarebbe partito solo due ore dopo. Scesero dal vagone ancora sorridenti e stringendosi l’uno vicino all’altra non videro altro che una landa deserta, un fabbricato per i passeggeri e in prossimità di un binario un solo alberello smilzo e tutto contorto che si dondolava battuto da una leggera pioggerella. Si domandarono: “Ma dové Segni?” “Dové Paliano?” Non si scorgevano paesi. Rientrati nella stazione, guardavano dalla finestra la pioggia battente; Barbara per passare il tempo consultò una guida turistica che aveva con sé e lesse che a Segni c’era la locanda del “Gaetanino”. Sicuramente avrà sorriso! Ma chi era Gaetanino? Era Gaetano Colaiacomo, il padre di Pietro che molti anni dopo gestì il ristorante della stazione di Segni – Paliano. La locanda del Gaetanino era situata nel primo vicolo a sx dell’imbocco di via Umberto 1°, chiamato anche Vicolo della Locanda; successivamente fu chiamata Locanda Marzitto dal soprannome del genero Gaetanino succeduto nella gestione. Torniamo a D’annunzio. Attraverso i vetri i due amanti vedevano il povero alberello torcersi sotto il sopraggiunto vento sferzante provando un senso di tristezza e di rimpianto per il tempo perduto nella stazione. Fatto sta che da questa situazione, D’Annunzio trasse ispirazione e scrisse un sonetto che donò alla sua innamorata: ella peraltro fu l’ispiratrice di quasi tutta l’arte dannunziana che va dal 1887 al 1893. Ci fu in questo periodo un intenso epistolario che si protrasse fino al 1891 e che Barbara Leoni cedette per ragioni economiche soltanto molti anni dopo. La prima strofa del sonetto che dà lustro alla nostra città è attualmente inciso in una lastra di marmo posta nella sala d’attesa della stazione Segni-Paliano, oggi Colleferro-Segni- Paliano Liberamente tratto da: Alessandro Colaiacomo in Signis Memoranda Fastis, pagg. 1-23 , 1974 ritrascritta il 1989 Piero Chiara in “Vita di Gabriele D’Annuzio” pag. 66, Ed. 1978 A. Mondatori S.p.A. |
L'Alberello
di G. D'Annunzio