Ninfeo di Q. Mutius La storia oltre lo scavo I luoghi dell'archeologia La via Latina Il Tempio di Giunone Moneta Segni Archeologica Storia degli antichi popoli italiani
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SEGNI: LA STORIA DI UNA CITTÀ-MUSEO
L’attività di ricerca, di divulgazione e di valorizzazione che il Museo Archeologico Comunale di Segni svolge da oltre quindici anni, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e con altri prestigiosi Istituti di Ricerca, ha reso Segni uno dei centri del Lazio maggiormente documentato e conosciuto. Il ricchissimo patrimonio archeologico che la città può oggi vantare travalica certamente l’ambito locale, mostrando l’importanza e la vivacità di un centro oggi tra i più notevoli del Lazio sia per l’età antica che medievale. Della Signia romana rimangono le poderose mura in opera poligonale, ancora oggi visibili per quasi tutto il perimetro attraverso uno stradello pedonale allestito all’esterno dell’intero circuito. Il grande complesso archeologico dell’acropoli, con i resti del maestoso tempio dedicato a Giunone Moneta e della grande vasca circolare, costruita mediante l’utilizzo di un calcestruzzo molto particolare, che sembra abbia avuto il nome proprio dalla città di Segni: l’opus signinum. Meritano una menzione i monumenti dell’area del foro, attorno all’attuale piazza Santa Maria, tra cui il criptoportico costruito nella seconda metà del I sec. a.C. da due magistrati della famiglia dei Volumnii e le grande sostruzioni di Largo Pericle Felici – via San Lorenzo, che mostrano un variegato e interessante palinsesto di tecniche costruttive. Tra i monumenti visitalibi anche il complesso ellenistico di Santa Lucia, conservato al di sotto dell’attuale sede della XVIII Comunità Montana dei Monti Lepini. E ancora l’eccezionale ninfeo repubblicano, che reca la firma dall’architetto greco “Q. Mutius”, recentemente acquistato dal Comune di Segni e reso già fruibile grazie ai primi interventi di pulizia e di valorizzazione del monumento. Nel Medioevo la città è attestata dal V secolo come capoluogo di diocesi e fu scelta come residenza da molti pontefici. Numerose strutture conservate nel cuore del centro storico mostrano ancora tutto il fascino e la bellezza dell’architettura dell’epoca, come l’antico Palazzo della Comunità, oggi sede del Museo Archeologico Comunale, o il palazzo del Vescovado. Nell’imponente Cattedrale di Santa Maria Assunta, ricostruita dalle fondamenta nel XVII secolo, infine, si possono ammirare magnifiche tele e cicli pittorici, opere di artisti quali Lazzaro Baldi, il Baciccio (giovanni Battista Gaulli), Francesco Cozza o i fratelli Courtois. Il Museo Archeologico Comunale di Segni Il Museo Archeologico Comunale di Segni è ospitato nell’antico Palazzo della Comunità, costruito nel XIII sec. nel cuore del centro storico, aperto al pubblico per la prima volta nel 2001, con un percorso espositivo dedicato alla città antica e di recente ampliato per accogliere le nuove acquisizioni riguardanti non solo la città, ma anche l’immediato suburbio, il territorio e, come una sorta di museo nel museo, la città medievale. Il percorso didattico, oltre a un’ampia e agevole pannellatura con plastici e ricostruzioni assonometriche, è arricchito da gruppi scultorei di notevole interesse, numerose iscrizioni sacre e funerarie, elementi architettonici decorativi e una vasta collezione di materiale ceramico d’età romana e medievale. La continua presenza dell’istituzione Museale sul territorio, le indagini compiute direttamente dal personale scientifico, la collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e quella con Istituti Universitari e di Ricerca, ne hanno fatto uno dei centri di ricerca più importanti dell’area. Segni Project Nel dicembre 2011 il Comune di Segni, tramite il suo Museo Archeologico, e la British School at Rome, hanno sottoscritto una convenzione triennale per l’esecuzione di ricerche archeologiche nella città di Segni: nasceva così il Segni Project, ampio progetto di lavoro programmato per gli anni 2012-2014. Il progetto è stato indirizzato verso lo studio delle due principali aree pubbliche della città antica, il foro, corrispondente all’attuale Piazza Santa Maria, e l’acropoli; a queste si è poi voluta aggiungere una terza area, posta anch’essa nella parte alta della città, nota come “Orto dé Cunto” o “Prato Felici”, vasto settore delimitato lungo un fianco dal percorso delle mura urbiche e indiziato di altre, importanti presenze archeologiche. Le ricerche hanno preso il via nel giugno 2012 con una campagna di prospezioni geo-fisiche, condotte su i settori obiettivo della ricerca ed effettuate da un’equipe cui ha preso parte anche Archaeological Prospection Services of the University of Southampton (UK). Subito dopo, fra luglio e giugno 2012, sfruttando i risultati della geo-fisica per il posizionamento dei saggi, si è svolta la prima campagna di scavo, resa possibile grazie all’impegno, oltre che dell’Amministrazione Comunale di Segni e della British School at Rome, di alcuni sponsor che hanno voluto fin da subito supportare il progetto. Questo, su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e grazie alla continua attenzione offerta al progetto dalla Soprintendeza per i Beni Archeologici del Lazio. Le due aree i cui risultati sono stati più eclatanti sono state quelle di Piazza Santa Maria e di Prato Felici. In piazza Santa Maria lo scavo ha rivelato l’esistenza di una complessa sovrapposizione di murature, che testimoniano una complessa occupazione architettonica dell’area in diversi periodi. Il livello inferiore, corrispondente alla fase romana e altomedievale, è segnato da alcuni piani pavimentali e da alcune strutture murarie, di cui l’elemento più spettacolare è una vasta porzione di uno splendido mosaico policromo a pale di mulino, databile probabilmente nella prima metà di I secolo a.C., e che segna, con la sua raffinatissima esecuzione, la presenza nell’area della piazza forense di strutture assai qualificate. A Prato Felici la pulizia di uno dei muraglioni emergenti dal suolo ne ha mostrato l’appartenenza a una grande cisterna, della quale costituiva il limite meridionale. La grande struttura è realizzata in un ben noto tipo di cementizio, realizzato con malta tenacissima e fitti caementa di calcare di dimensioni assai regolari, gettato senza l’uso di cortina, ben identificabile con quell’opus signinum utlizzato in antico per le costruzioni legate all’acqua. La cisterna si conserva verso monte per circa tre metri di altezza, e mostra ancora completamente intatto il piano pavimentale, composto da un bel battuto di cementizio con fini scaglie di calcare. Nella stessa area di Prato Felici, durante le operazioni di pulizia dell’area attorno al monumento, sono stati individuati livelli contenenti, sia pur in giacitura secondaria, numeroso materiale pertinente alla più antica storia della città. Un primo blocco di materiali è venuto a confermare l’esistenza, nell’area sommitale del rilievo, di un abitato dell’età del Bronzo Finale (ca. XI-X sec. a.C.). Un secondo, cospicuo lotto di materiali è invece assegnabile a una fase che dal tardo VII secolo a.C. va agli inizi del V secolo a.C. Ceramiche di impasto, buccheri o frustuli di ceramiche importate sembrano così testimoniare il progressivo sviluppo di un centro gravitante sull’area laziale, aprendo in tal modo importanti prospettive di ricerca storica. Continua.......... Alcuni ritrovamenti archeologici sembrano suggerire che un primitivo abitato si sia andato sviluppando sulla sommità del monte oggi occupato dalla città di Segni già prima degli stanziamenti coloniali di tarda età regia e di inizi V sec. a.C.: le testimonianze più antiche sembrano datare l’avvio della frequentazione del sito forse già all’ XI secolo a.c., ma è solo con il tardo VII secolo a.C. e gli inizi del successivo che la loro consistenza inizia a divenire pienamente apprezzabile. Con la tarda età regia e la prima età repubblicana Segni (ant. Signia) entra nella storia. Gli scrittori antichi ci informano infatti che la città venne fatta oggetto di due fondazioni coloniali, la prima operata dal re Tarquinio il Superbo e la seconda nei primi anni della repubblica. Con queste operazioni coloniali le forze romano-latine vollero stabilire nella delicata regione di frontiera un caposaldo strategico, funzionale tanto in un’ottica di controllo dei popoli gravitanti sull’area quanto in previsione di una futura espansione verso le aree del Lazio meridionale interno. Se si eccettua la notizia di un assedio condotto da Sesto Tarquinio, figlio del Superbo, intono al 499 a.C., le fonti tacciono, per più di un secolo, sulle vicende della città dopo la sua fondazione coloniale. È solo con il 362 a.C. che Segni riappare in un passo di Livio, relativo agli scontri di quegli anni tra gli Ernici e Roma, precedenti il rinnovo del trattato fra Romani e Latini noto come Foedus Cassianum: in quest’occasione i suoi abitanti, usciti dalle mura, avrebbero attaccato, sbaragliandola definitivamente, una sparuta colonna di Ernici che passava nelle vicinanze della città dopo aver subito una sconfitta da parte dei romani. Nel 338 a.C., con l’annessione del Lazio seguente la Guerra Latina, la città entra nell’orbita romana con il titolo di Civitas Foederata, retta da Pretori. Intorno agli inizi di III secolo a.C. la città conia, probabilmente per breve tempo, una propria moneta d’argento, caratterizzata dalla dicitura SEIC. Per il III secolo a.C. e per gli inizi del successivo abbiamo solo due brevi notizie delle fonti: una relativa al 209 a.C., quando la città è ricordata fra quelle che tennero fede all’impegno di fornire truppe a Roma nella guerra contro Annibale; la seconda per il 199 a.C., quando Signia ospitò alcuni ostaggi cartaginesi. Con il pieno II secolo a.C. il quadro cambia in maniera radicale. Come noto, uno dei risultati di maggior interesse delle ricerche archeologiche degli ultimi due decenni è stato l’emergere di un’immagine nuova, per certi versi inattesa, della Segni della tarda repubblica. È infatti apparso con grande evidenza come la città, principalmente fra il pieno II secolo a.C. e gli inizi del successivo, sia stata impegnata in un lungo ed intenso sforzo di rinnovamento urbanistico, segno evidente di un importante periodo di vitalità economica e di una piena partecipazione delle élites cittadine ai massimi circuiti politici e alle esperienze culturali e artistiche del Lazio dell’epoca. La principale testimonianza di questo fervore è costituita dai resti di grandi realizzazioni architettoniche, documentati tanto nella città quanto nel suo territorio, fra queste spicca senz’altro la riorganizzazione in forme monumentali del grande complesso incentrato sul tempio di Giunone Moneta sull’acropoli, il complesso di Santa Lucia, l’area archeologica del tempio d’Ercole, i complessi sostruttivi di Largo P. Felici e via San Lorenzo o, ancora, la denominazione, chiaramente mutuata dal nome della città di Segni, del celebre cementizio impiegato nell’architettura romana nelle strutture destinate a lavorare a contatto con l’acqua, l’opus signinum, che è possibile debba tale nome proprio a una sua “messa a punto” avvenuta in qualche grande cantiere della città. Il monumento che meglio aiuta a capire l’ambiente politico e culturale della città dell’epoca è tuttavia il ninfeo repubblicano, grazie in particolare all’eccezionale presenza, nella sua parete di fondo, della firma musiva dell’architetto greco Quintus Mutius, protagonista della sua realizzazione. La presenza di quest’artista, legato probabilmente a Caio Mario e a grandi gentes senatoriali romane quali quella dei Mucii Scaevola, ha permesso infatti di intravedere gli stretti rapporti intrattenuti a quell’epoca fra le famiglie dell’élite signina e il partito che controllava, fra l’altro, i grandi traffici commerciali con l’Oriente: dalla partecipazione a tale circuito politico ed economico debbono essere giunte a Segni le ricchezze e i modelli artistici che possiamo supporre alla base di tali realizzazioni. Con la riorganizzazione dell’Italia romana seguente la guerra sociale Segni diventa Municipium, retto da un collegio di Quattuorviri. Nell’82 a.C., si svolge nel territorio della città, presso Sacriportus, la battaglia finale dello scontro fra Silla e il figlio del grande Mario, con la definitiva sconfitta di quest’ultimo e la sua fuga verso Palestrina, ultima roccaforte del partito mariano, dove troverà la morte. In questi drammatici giorni, la sorte di Segni, anch’essa come abbiamo visto di antica militanza “mariana”, è oggi in parte illustrata da un nuovo documento epigrafico, acceduto al Museo per donazione: si tratta di un bollo su tegola, databile intorno al 70 a.C., proveniente da una fornace in loc. Valle Riccia, recante i nomi di due quattuorviri I.D., M’. Occius e T. Manlius, personaggi dai gentilizi altrimenti ignoti alla prosopografia di Segni. L’affinità fra il gentilizio del primo e il coevo C. Occius M. f(ilius), duoviro della colonia sillana di Pompei (CIL, X, 819), ha permesso di ipotizzare che questa coppia di magistrati possa essere stata composta da personaggi di provenienza esterna alla città, forse “partigiani” di Silla portati nel centro lepino a formare una classe dirigente legata al dittatore. Con lo spostarsi ai confini dell’impero delle grandi vicende storiche Segni dovette vivere una tranquilla vita di centro di campagna. La città, titolare di un territorio ricco e vastissimo che poteva contare tanto sulle aree di altura dei Lepini quanto sulle fertili zone di pianura della Valle Latina prossime al Sacco, dovette fondare la sua economia sull’agricoltura, sull’artigianato e sulla pastorizia. La fitta maglia insediativa che emerge dalle recenti ricognizioni sull’ager signinus ben rende giustizia di quelle molte attività agricole ricordate dalle fonti, con le coltivazioni ‘specializzate’ di una particolare qualità di pere, di ortaggi quali i cavoli o, ancora, di un vino dal sapore assai aspro. Continua almeno per la prima età imperiale l’attività di fabbricazione di prodotti ceramici, attestata in particolar modo da bolli laterizi che ricordano le maggiori famiglie della città, attività probabilmente da queste condotta in relazione ai loro possedimenti terrieri di fondovalle. Particolare è la presenza di strutture rustiche, segnate dalle basis villae in opera poligonale, anche lungo i ripidi pendii dei Lepini fino a quote superiori ai 1000 m s.l.m., che suggeriscono un fitto uso delle zone montane sia ai fini della pastorizia che per lo sfruttamento delle risorse boschive (un collegio di dendrophori (in CIL, X, 1, 5968). Fu sede vescovile, attestata nel 499 e l’antica Diocesi comprendeva i territori degli attuali comuni di Artena, Valmontone, Montelanico e Gavignano. Inserita all’interno del Ducato Romano, nella riorganizzazione operata nel territorio laziale ad opera dei Bizantini, Segni tornò a ricoprire un ruolo importante e prettamente militare, dato soprattutto dalla particolare posizione strategica e di controllo di una vasta area. Verso la metà del VII secolo salì sul soglio pontificio Vitaliano (657 – 672), “natione Signiensis provincia Campania”: dal Liber Pontificalis apprendiamo che fu un Papa importante per la riconciliazione che operò per primo tra la chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Nel corso dell’VIII secolo dal potere imperiale si passa alla supremazia pontificia: tra i possedimenti papali è inclusa anche la città di Segni. L’affermarsi del potere papale in questa parte del Lazio meridionale a scapito dell’autorità imperiale e della crescente dominazione longobarda è da ricercare proprio nella forza che avevano assunto le sedi vescovili. Questa posizione di privilegio portò dei vantaggi alla città sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista politico, sociale e culturale. Le fonti documentarie riportano la città nei secoli IX e X nell’ambito delle terre di influenza dei Crescenzi, da cui discese la famiglia dei Conti di Segni. Durante l’episcopato di Bruno (santo patrono di Segni), vissuto a cavallo dell’XI e del XII secolo, si andò intensificando il forte legame con la Santa Sede. Da Pasquale II (1099 – 1118), inoltre, molti papi si recarono in visita nella città lepina. È noto, dal Liber Pontificalis, che nel 1150 il pontefice Eugenio III fece erigere un palazzo a Segni vicino la chiesa di San Pietro, che rimase per più di un secolo residenza dei pontefici per alcuni periodi dell’anno. Anche Alessandro III soggiornò per lunghi periodi a Segni e durante la sua permanenza, il 22 febbraio nel 1173, alla presenza di vescovi e abati della Campagna canonizzò il vescovo di Cantherbury, Thomas Becket. L’episodio è ricordato in una copia della bolla Redolet Anglia fragantia del 1578 e anche in un’epigrafe che si trova nella Cattedrale Santa Maria Assunta di Segni. Dopo solo 60 anni dalla sua morte, il Pontefice Lucio III nel 1183 santificò il vescovo di Segni Bruno. Infine, nel 1198 Lotario dei Conti di Segni salì al soglio pontificio con il nome di Innocenzo III (fig. 86), uno dei pontefici più importanti e più discussi della storia. Tra XII e XIII secolo si assiste anche all’affermazione di Segni come libero Comune, con norme e regole dettate negli Statuti della città di Segni. La presenza di figure assai autorevoli nella città, il fervore culturale e politico, hanno contribuito certamente ad elevarne ancor di più il livello sia sociale che economico. Questa rinascita della vita cittadina è tuttora percepibile a livello urbanistico e architettonico. La maggior parte dei complessi d’età medievale, ancora perfettamente conservati e visibili, infatti, si colloca tra il XII e il XIII secolo. Accanto ai maggiori Palazzi, importanti centri di potere ed espressione dell’edilizia e della committenza pubblica, quali il Palazzo della Comunità, il Palazzo Conti e il Vescovado, numerosi sono gli edifici di carattere privato, la maggior parte dei quali sembra appartenere alla tipologia molto diffusa di case con bottega, espressione della nascente classe borghese – mercantile. Oltre alla vivace ripresa dei cantieri edili e alla presenza di maestranze specializzate, è da segnalare anche il lavoro di alcune botteghe dell’epoca di alto livello e di grande fama. Queste importanti officine sono testimoniate dal rinvenimento di numerosi frammenti di decorazione architettonica dei principali edifici di culto e in particolare da due iscrizioni, che attestano la presenza a Segni di artisti di altissimo rilievo, come Pietro Vassalleto e i celebri marmorari romani della famiglia dei “Cosmati”. Dott. Federica Colaiacomo Via Lauri, 1 Tel. 0697260072 Per gli orari di apertura e informazioni vai su www.museosegni.it |