SACCO DI SEGNI
di Renata P. Entrando nell’atrio del palazzo comunale di Segni , anni fa era possibile ammirare una antica iscrizione in latino , incomprensibile ai più, incisa su una lastra di marmo : era una delle rare testimonianze giunte a noi del “sacco di Segni” avvenuto nel 1557 , il 14 agosto o giù di lì. Proviamo ad esporre con parole semplici la situazione molto complicata della politica nel 1500 e Segni era parte delle complicate alleanze, relazioni, intrighi tra famiglie nobili, papi e re. La vicenda va inquadrata in una vasta cornice di conflitti per la supremazia in Europa tra due schieramenti: da una parte l’ impero spagnolo nella persona di Carlo V d’Asburgo , imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Spagna, e dall’altra Francesco I di Valois , Re di Francia. Ad entrambi gli schieramenti si unirono il papato e le famiglie potenti italiane che avrebbero tratto profitto dalle eventuali vittorie e dell’una e dell’altra parte. Dopo il Sacco di Roma avvenuto nel 1527 ad opera degli Spagnoli, la crisi tra il papato e l’imperatore si acuì, specialmente quando fu eletto papa il cardinale Carafa che prese il nome di Paolo IV , ma benvoluto da Enrico II, re di Francia ; sebbene non esistesse alcuna definizione ecclesiastica sul potere della Santa Sede nelle cose temporali, il papa tenne ferme le pretese territoriali come i suoi predecessori, tanto più che la monarchia ispano-asburgica minacciava la libertà del papato e dell’Italia. Inoltre Carlo V , imperatore cattolico, sembrava che favorisse in segreto i Protestanti tedeschi per abbattere la potenza papale in Italia e dominare così da solo la Penisola. Nel 1555, il pensiero di opporsi alla prepotenza degli Spagnoli in Italia, indusse Paolo IV a nominare cardinale il nipote Carlo Carafa, uomo senza scrupoli, ambizioso e violento, dandogli pieni poteri che invece avrebbe usato per i suoi interessi personali. Alle cause remote della guerra se ne aggiunsero altre che convinsero Filippo II,succeduto a Carlo V , ad attaccare lo Stato Pontificio. Il duca d’Alba nonché viceré di Napoli , marciò con le sue truppe verso lo Stato Pontificio; giunto a Capua passò il confine arricchendo l’esercito di truppe inviate dal duca di Firenze e dai Tedeschi. Marcantonio Colonna , uno dei nobili disubbidienti al pontefice insieme agli Sforza ed altri duchi, era a capo della cavalleria pesante. Durante l’avanzata nel Lazio incontrarono poche resistenze e in pochi giorni costrinsero alla resa città e paesi come Ceprano , Castro, Pofi , Veroli , Ferentino , Anagni ed altri. Le popolazioni conquistate venivano sollecitate a giurare fedeltà, non a Filippo II e nemmeno al Papa, ma al Sacro Collegio dei Cardinali , probabilmente per seminare zizzania tra il Pontefice e i Cardinali. Nel maggio del 1556 ad Anagni Torquato Conti aveva respinto l’assalto degli Spagnoli per ben due volte, poi, considerando l’inutilità della resistenza, abbandonò in segreto la città e si rifugiò prima ad Acuto e poi a Paliano presso gli Orsini, fedeli al Papa. L’indomani gli Spagnoli saccheggiarono Anagni e uccisero gli abitanti. Questo fatto preoccupò moltissimo Roma, perché apriva più facilmente la strada alla conquista di Roma. La guerra continuò per circa un anno con alterne vicende e inutili tentativi di pace. Segni era ritenuta una città imprendibile per la sua posizione naturale e per le mura che la racchiudevano tutta, per cui divenne luogo di rifugio per i ricchi possidenti dei paesi vicini che volevano mettere al sicuro oggetti di valore o pezzi di artiglieria e altre macchine da guerra. Ciò non sfuggì a Marcantonio Colonna e al barone Kaspar von Feltz che promettevano alle truppe la spartizione del ricco bottino, come i veterani avevano fatto nelle Indie. Per questo motivo Segni fu salutata dagli Spagnoli come India Bella, nome che ancora oggi è ricordato nella tradizione popolare ed attribuito alla città. I soldati del duca d’Alba continuarono a stazionare nella valle del Sacco, mentre egli si spostò verso Roma per concedere un po’ di riposo alle truppe. Giovan Battista Conti, signore di Segni e di Valmontone, per risparmiare alle due città gli orrori subiti da Anagni durante la conquista, consegnò le chiavi al Vicerè, traendone migliori benefici possibili ed ottenne condizioni di resa molto vantaggiose. Ormai a protezione di Roma rimaneva solo Paliano. Ai disperati appelli del Papa rispose il re di Francia Enrico II, che ruppe le relazioni diplomatiche con Filippo II di Spagna ed inviò in Italia un poderoso esercito. Le truppe papali riconquistarono molte città mentre altre ripassarono spontaneamente al pontefice. Nei primi di giugno 1557 Marcantonio Colonna ricevette rinforzi dal duca d’Alba e sferrò l’ultimo attacco spagnolo .Nel triangolo compreso tra Valmontone , Genazzano e Paliano si svolse una memorabile battaglia dove l’esercito pontificio guidato da Giulio Orsini e Antonio Carafa fu sconfitto da Marcantonio. In precedenza Orsini aveva deciso di inviare a Segni le vettovaglie e i cannoni per metterli in salvo. Il 10 agosto Colonna si mosse per occupare Segni. Evitò la strada principale, inerpicandosi sulla mulattiera chiamata poi La Rèfra ‘gli Spagnoli. Piazzò i cannoni sul colle dei Cappuccini e alle Cerciole ed attese l’arrivo de i Tedeschi di Feltz che, nel frattempo, avevano espugnato Roccamassima. Intanto i Segnini, asserragliati dentro le mura, avevano rinforzato le porte, i pastori e i contadini avevano nascosto il bestiame e le provviste tra il Campo di Segni e la piana di Collemezzo. Giovan Battista Conti dirigeva la difesa, ma troppo tardi capì che gli sarebbe convenuto restare con gli Spagnoli, perché questi non avrebbero desistito dall’ impresa di predare la città di tutte le ricchezze contenute. Comunque attuò un piano per difendere le mura: schierò circa 400 soldati ai lati della breccia aperta da Marcantonio nel tratto di mura di Porta Romana,6 cannoni, qualche archibugio e molte mine sul terreno, collegate da una miccia .L’intenzione era di impressionare i nemici con numerose esplosioni, come fuochi artificiali ed annientare i numerosi assalti , resi più difficili dalla resistenza inaspettata delle mura. Ma pur avendo molto materiale bellico, i Segnini non disponevano di difensori e presto si creò il caos. Qualcuno aveva avvertito il Colonna dei mezzi difensivi della città e i fuochi d’artificio non ebbero successo. I soldati spagnoli e tedeschi, bramosi di entrare oltre le mura per impossessarsi delle ricchezze accumulatevi, scavalcarono la breccia e si gettarono per le strade di Segni, uccidendo, predando, stuprando; massacrarono soldati e civili con tanta ferocia che lo stesso Marcantonio Colonna ne rimase sconcertato . I Tedeschi, essendo di religione luterana, non si lasciarono sfuggire l’occasione di compiere sacrilegi nelle chiese e negli altari saccheggiati, trafugarono paramenti ed oggetti sacri, reliquie ed ex voto; il busto argenteo di San Bruno fu privato della testa e dispersa. Non essendo pervenuta nessuna documentazione ufficiale, è difficile fare un calcolo dei danni subiti dai Segnini. Di certo abbiamo una iscrizione in latino che ricorda Bruno Enicetto, capitano dell’esercito pontificio il quale cadde eroicamente combattendo tra le strade di Segni. Costui apparteneva alla famiglia Cleti, la quale, recuperato il cadavere, lo fece seppellire in Cattedrale; gli eredi nel 1676 fecero apporre la lapide in sua memoria sul pavimento della Cattedrale e questo spiega il logoramento delle lettere incise sul marmo. Nella Biblioteca Vaticana è conservato il testo in latino dell’epigrafe. Giovan Battista Conti fu ferito, fu fatto prigioniero e rinchiuso nel carcere di Gaeta, dopo che, forse con troppa fretta, era tornato dal Pontefice. Fu liberato dopo la pace di Cave. Se le vittime dell’eccidio non furono molte, i danni alle cose furono ingenti perché restarono illese poche case, per lo più bombardate e bruciate. Tuttavia restò intatta la casa della famiglia Lauri: come raccontò Ambrogio Lauri, un ragazzo allora tredicenne, testimone della strage, accadde un fatto miracoloso che egli attribuì alle suore clarisse di Anagni, le quali avevano trovato rifugio proprio nel palazzo, per loro maggior sicurezza. Fatto prigioniero dagli Spagnoli, Ambrogio fu liberato per l’intercessione di un soldato napoletano, conosciuto ai Lauri, dopo il pagamento di 100 scudi d’oro, mentre la sua casa fu risparmiata dai saccheggiatori. In ricordo dell’evento, il proprietario fece aggiungere due colombe allo stemma di famiglia in cui campeggia un albero di lauro. Casa Lauri fu poi acquistata dalla famiglia Toti, tra i cui membri si ricorda Don Angelo Toti, canonico teologo della cattedrale ed autore di una biografia su San Bruno del 1783. Un ‘altra casa risparmiata fu quella dei Cleti, perché un certo capitano ragguardevole di Paliano, ma nemico dei Segnini, era parente con N. de Prosperis, moglie di Bruno Enicetto. La caduta e l’eccidio di Segni, che era ritenuta la rocca più forte della regione, produsse molta impressione e persino il Papa si commosse riferendo l’accaduto ai cardinali in udienza. I Francesi abbandonarono la guerra dopo la sconfitta di San Quintino da parte degli Spagnoli : era il 10 agosto 1557. Se la notizia fosse giunta in tempo utile, Segni sarebbe stata risparmiata? Tratto da: Navarra B., La storia di Segni II, 1988 Colaiacomo A., Signis Memoranda Fastis, 1974…1989 |