Gorga CURIOSANDO 16
Domenica 15 maggio 2016 alla presenza del Vice Sindaco di Segni Cesare Rinaldi, dell’Assessore Bartolomei Antonio, della Responsabile della Biblioteca di Segni Annalisa Ciccotti e di un attento pubblico, è stato presentato il libro di Eddy Menichelli
“ La questione razziale negli Stati Uniti” Il titolo, dopo una prima esitazione, si apre ad un mondo di qualche tempo fa e… “ancora oggi” è legato al comportamento dell’uomo sull’uomo che, nel corso della storia ha visto la prevaricazione dei forti sui deboli, dei cattivi sui buoni, riducendo spesso l’uomo al ”nulla”. Quella che ci racconta Eddy, è la storia degli afroamericani che nel periodo della schiavitù “vissero” momenti della loro vita a dir poco incredibili. L’aspetto interessante di questo lavoro è che dopo averci introdotto agli inizi delle “deportazioni africane” verso le americhe, Eddy analizza l’inizio delle emigrazioni degli italiani e delle azioni-reazioni che inevitabilmente essi ebbero, trovandosi fuori dal loro contesto, in un mondo nuovo. E così, attraverso riflessioni antropologiche, storiche, sociali, umane ci si trova ad evidenziare il comportamento degli statunitensi nei confronti degli afroamericani e degli italoamericani; d’altro canto gli italiani che da una parte subivano le stesse sorti degli afro erano loro stessi “costretti” a comportamenti razzisti, non molto distanti da quelli degli statunitensi. Comunque la lettura, quasi giornaliera, del quotidiano “Il progresso italo-americano” fatta da Eddy ci immerge nella società americana di allora, facendoci rivivere a tutto tondo il palese razzismo, degli americani verso gli immigrati e quello tra immigrati stessi che, chi per un motivo chi per un altro, in una sorta di guerra tra poveri, si trovavano spesso gli uni contro gli altri nel tentativo di emergere da quella penosa condizione. Chi è stato emigrante o chi ha avuto esperienze di familiari all’estero, sa che cosa significa vivere in un altro paese. Il Dott. Piero Cascioli, Presidente Associazione Artisti Monti Lepini, nella presentazione del saggio ha preso tutti per mano e puntualmente, così come solo lui sa fare, ci ha condotti in una ricostruzione storica iniziando dallo scisma anglicano avvenuto in Inghilterra nel XVI, quando alcuni “fuoriusciti” dalla chiesa cattolica (Mormoni ecc.), decisero di “conquistare le anime” nel nuovo mondo: l’America, fino ai nostri giorni. Ma andiamo per ordine. Nel XVI sec. le grandi potenze europee (Spagna, Portogallo, Inghilterra e Paesi Bassi) iniziarono a creare insediamenti in America. Gran parte dei vantaggi economici erano legati alla creazione di piantagioni (per esempio di canna da zucchero); soprattutto con la penetrazione portoghese in Brasile, a questo si aggiunse la prospettiva di ricavare dalle colonie risorse minerarie. In entrambi i casi si richiedeva l'uso di grandi quantità di manodopera per il lavoro pesante. Inizialmente, gli europei tentarono di far lavorare come schiavi gli indigeni americani; questa soluzione tuttavia risultò insufficiente, soprattutto a causa dell'alta mortalità delle popolazioni native dovuta a malattie importate dai conquistatori europei (come il vaiolo) e alla loro conformazione fisica non adatta a quel genere di lavoro. Il passaggio degli schiavi attraverso l'Atlantico, dalla costa occidentale dell'Africa al Nuovo Mondo, è noto nel mondo anglosassone come Middle passage (letteralmente: tratto o passaggio intermedio). Era infatti il tratto intermedio del viaggio che le navi compivano dopo essere partite dall'Europa con prodotti commerciali (stoffe, liquori, tabacco, perline, conchiglie particolari, manufatti di metallo, armi da fuoco) che servivano come merce di scambio per l'acquisto degli schiavi da traghettare nelle Americhe, da dove le navi ripartivano cariche di materie prime, completando così quello che è chiamato il "commercio triangolare". Il viaggio degli schiavi iniziava nell'interno dell'Africa dove i commercianti o intermediari negrieri catturavano o acquistavano gli indigeni da semplici rapitori o monarchi africani (che li avevano ridotti in schiavitù per punizione o nel corso di guerre locali). Iniziava il viaggio a piedi, talvolta in canoa, verso la costa. Durante la marcia (nota come coffle dal nome dei ceppi con cui venivano legati a gruppi di 30 o 40) erano costretti a portare sulla testa oggetti come pacchi, fasci di zanne di elefante, mais, pelli o otri pieni d'acqua. Il trasferimento forzato fino alla costa poteva durare parecchi giorni o settimane. Sulla costa venivano imprigionati in fortezze o in capanne dette "barracoons" dove sostavano in attesa delle navi per la traversata per molti giorni o settimane. Lì poi trafficanti provenienti dalle Americhe, dai Caraibi o dall''Europa, caricavano la "merce umana" sulle navi. L'effetto dello schiavismo sulle società africane è un tema molto controverso. All'inizio del XIX secolo, gli abolizionisti denunciarono lo schiavismo non solo come pratica immorale e ingiusta nei confronti dei deportati, ma anche come danno insanabile nei confronti dei paesi da cui venivano prelevati gli schiavi: a tal proposito si parla anche di diaspora nera o africana. L'impatto demografico della tratta e delle pratiche ad essa connesse - guerre, razzie, devastazioni - sono difficilmente quantificabili data l'assenza di stime certe sulle dimensioni della popolazione africana e i suoi tassi di crescita precedenti al 1900. La tratta inoltre non ha avuto impatto uniforme sul continente africano: a essere coinvolte maggiormente sono state le coste occidentali dell'Africa - più vicine alle Americhe - quali Sudan occidentale, Costa d'Oro (Ghana), Sierra Leone, Liberia,Guinea; al contrario, le società situate nel cuore del continente africano (Uganda, Ruanda e Burundi) così come a oriente le regioni del Camerun e del Sudafrica non vennero in alcun modo toccate dal fenomeno. In Europa, lo schiavismo ebbe sempre ferventi oppositori, tuttavia, questa pratica rimase legale fino al XVIII secolo (e in molti paesi anche più a lungo). La prima potenza coloniale a proclamare l'abolizione dello schiavismo e a impegnarsi attivamente per contrastare la tratta degli schiavi fu il Regno Unito, anche se in precedenza la Francia rivoluzionaria aveva concesso (e poi con Napoleone revocato) l'emancipazione degli schiavi e l'abolizione della schiavitù, del code noire e di altre pratiche di discriminazione a danno di neri liberi e mulatti. Certamente il Regno Unito traeva dall'abolizione della schiavitù anche un vantaggio politico, in particolare ai danni della Francia napoleonica, che, appunto, aveva ristabilito la schiavitù nelle sue colonie. La Royal Navy del Regno Unito venne impiegata attivamente per contrastare il commercio di schiavi attraverso l'Oceano Indiano e Atlantico. A metà del XIX secolo il traffico lungo queste rotte era stato sostanzialmente annullato; continuò invece il commercio di schiavi all'interno del continente africano, specialmente dai paesi arabi attraverso l'Etiopia. Lo schiavismo continuò in molti paesi del Nuovo Mondo (come gli U.S.A. e il Brasile). Negli USA l'abolizione ufficiale dello schiavismo si avrà solo con la guerra di secessione americana nella seconda metà del XIX secolo ad opera di Abraham Lincoln. La lotta allo schiavismo, secondo alcuni, fu usata anche come pretesto dagli europei per la loro espansione coloniale in Africa. Alla fine del XIX secolo, tutta l'Africa era stata spartita in colonie, tranne l'Etiopia, e praticamente tutti i regimi coloniali avevano imposto l'abolizione della schiavitù. Strascichi dello schiavismo e della discriminazione razziale si sono manifestati in America e nel resto del mondo nel XX secolo con le leggi razziali e fenomeni di violenze sui neri (es. Ku Klux Klan) con nascita di movimenti anti-segregazione a partire dagli anni sessanta del Novecento intorno a figure carismatiche come Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Malcolm X, Nelson Mandela. Nel suo lavoro, continua Cascioli, l’autore mette in risalto come gli italo-americani unendo le forze con irlandesi, polacchi o ebrei avrebbero rafforzato la propria identificazione con la razza bianca, diventando, nel contempo loro stessi razzisti nei confronti degli afro-americani. Di certo è stato un periodo molto controverso e difficile. Si trattava da una parte di accreditarsi verso la società americana, sostenendo i propri interessi e dall’altra, cosi come ben evidenziato dalla lettura che Eddy fa del giornale “il Progresso Italo-americano”, di sostenere gli afro-americani nelle loro rivendicazioni. E’ infatti, come afferma Eddy, nella sua conclusione, che “questa manifestazione di empatia verso la comunità di colore si richiamasse alla consapevolezza degli italo-americani di essere loro stessi un gruppo a lungo vittima di forme di discriminazione e di pregiudizio…….-Questo sentimento di solidarietà tuttavia iniziò a venir meno una volta che le frange radicali della comunità afro-americana ricorsero alla violenza per manifestare il proprio disagio in una società che ritenevano caratterizzata da un razzismo insanabile”. Un saggio da leggere Eddy Menichelli Assessore alla Cultura della XVIII Comunità Montana dei Monti Lepini Consigliere comunale - Gorga. Per l'altra bibliografia cliccare sui link di collegamento |