Carlo Felici Deputato Giulio Andreotti Presidente
Il primo Parlamento italiano «Oggi, giorno diciotto del mese di febbraio dell’anno mille ottocento sessant’uno, regnando Vittorio Emanuele II, si apre in Torino il Parlamento Italiano». Giornata storica, seduta solenne nella nuova aula di palazzo Carignano, euforia per le strade della capitale: il nuovo regno formalmente non c’è ancora, ma il suo parlamento è una realtà. Il re saluta gli eletti della Corona e del popolo, i rappresentanti di 22 milioni di italiani liberi, radunati per la prima volta. Le elezioni si sono svolte il 27 gennaio e il 3 febbraio. Di quei 22 milioni di italiani in realtà ne sono andati alle urne molti meno: gli aventi diritto, con la legge elettorale che concede il diritto di voto solo ai maschi e su base censuaria, erano 418.696 e i cattolici si sono astenuti per volere del Papa. I 443 deputati, alla fine, sono stati eletti da 239.583 italiani, l’1,1 per cento del totale. E i senatori sono di nomina regia. [G.Po. 18/2/1861, M.Ill. 23/2/1861, Caprarica 2010]
L’aula costruita in due mesi L’appuntamento è nella grande aula semicircolare eretta per l’occasione nel cortile di palazzo Carignano. Per accogliere tutti i parlamentari della nuova Italia, infatti, non sarebbe bastato il salone del palazzo disegnato nella seconda metà del Seicento da Camillo Guarino Guarini. Due mesi fa il governo ha affidato agli ingegneri Peyron e Alberti un compito arduo: «Dare nello spazio di 60 giorni una sede conveniente a un’assemblea deliberativa, capace di 600 stalli, collo sviluppo delle tribune destinate agli inviti d’onore e al pubblico, e porre l’intero edificio in comoda comunicazione col palazzo Carignano». Ci sono riusciti: trecento operai hanno lavorato giorno e notte alla sola messa in opera, tanti altri hanno preparato i singoli pezzi negli opifici di Torino e di altre città. Gli ultimi ponti sono stati tolti l’altro ieri. Anziché la forma ellittica del salone del Guarini, la nuova sede del Parlamento è a ferro di cavallo. Le pareti laterali non hanno alcuna apertura: la luce entra dal cielo di cristallo a doppia lastra che costituisce gran parte della cupola semicircolare (alta 30 metri nella parte più elevata). Illuminazione a gas riccamente distribuita. Ogni deputato ha al suo posto un bottone-molla per la chiamata con filo elettrico degli uscieri, un’invenzione dello stesso Peyron già sperimentata lo scorso anno. [Pers. 19/2/1861. M.Ill. 23/2/1861] Baroni, marchesi, commendatori In quest’aula dunque verso le 11 si attende l’arrivo del re. Quasi tutti i deputati sono presenti, mentre si notano moltissimi vuoti tra i senatori. Le tribune riboccano di assistenti. Tra i deputati si contano 85 conti, baroni, marchesi, duchi, principi; 93 cavalieri, commendatori e gran cordoni; 74 avvocati; 52 professori, ingegneri e dottori; 28 ufficiali; 5 abati; 105 quelli che non hanno una designazione particolare. [Pers. 19/2/1861, G.Ge. 20/2/1861] L’uomo che voleva rispondere al re Un solo piccolo incidente turba l’attesa. I deputati che prendono posto si accorgono che un uomo, dall’accento napoletano, si è seduto tra di loro. Viene invitato ad allontanarsi, ma lui insiste per restare: deve rispondere al re, dice. Sembra che lo stesso Cavour gli abbia offerto a questo punto un biglietto per assistere alla seduta dalla tribuna, invano. Intervengono i questori che lo consegnano alle guardie. Per poco si sparge anche la voce che volesse compiere un attentato al re, ma poi in questura a questo Antonio Catelano – così si chiama – «credesi che il cervello gli abbia dato volta, non risultando che avesse perverse intenzioni». [Pers. 19/2/1861, Op. 19/2/1861, Caprarica 2010] Fanfara e cannone, arriva il re Il re sale sulla carrozza di gala e lascia la reggia per piazza Castello alle 11 precise. Strade e piazze di Torino sono gremite di folla venuta da tutte le province del regno. Annunciato dagli spari del cannone e dalla fanfara reale, Vittorio Emanuele II arriva a palazzo Carignano. Lo accolgono deputazioni del Senato e della Camera. Lunghi applausi e ripetute grida «Viva il re d’Italia» una volta in aula. Alla destra del trono, in loggia, ci sono i figli del re: il principe Umberto di Piemonte e Amedeo duca d’Aosta. Nella loggia sinistra il corpo diplomatico con l’ambasciatore straordinario del re di Prussia, luogotenente generale De Bonin, i ministri di Prussia, Gran Bretagna, Turchia, Svezia, Belgio ecc. [M.Ill 23/2/1861] Parla Vittorio Emanuele, tutti applaudono Il discorso della Corona, accompagnato da frequenti applausi dell’assemblea, dura meno di mezz’ora. All’inizio della seduta i parlamentari hanno giurato, chiamati per appello alfabetico: dal ministro di Grazia e giustizia Cassinis i senatori, dal ministro dell’Interno Minghetti i deputati. Alle 11 e tre quarti è tutto finito. [G.Uff. 19/2/1861, G.Ge. 20/2/1861] (Leggi tutto il discorso) Sfila anche la Guardia nazionale di Napoli Fuori dall’aula, Torino è già in festa. Prima dell’alba sono arrivati in città 500 uomini della Guardia nazionale napoletana. Il battaglione si presenta in piazza Castello tra gli applausi della gente poco dopo l’arrivo del re a palazzo Carignano: sfila in mezzo alla Guardia nazionale di Torino e gli si concede il posto d’onore presso la piazzetta reale. Scrive la Gazzetta del Popolo: «L’improvviso giungere in Torino, nel giorno diciotto, mentre il Re d’Italia si recava al Parlamento, delle guardie nazionali napolitane fu imponente, fu commovente, perché diceva agli occhi di tutti: Ecco! Nel luogo prestabilito, alla precisa ora meridiana indicata, né pei marifrapposti, né per distanze, né per ostacoli, nessuno, assolutamente nessuno dei fratelli della grande famiglia italiana mancò alla sottoscrizione del patto; e ripetiamo ancora una volta: nessuno mancò, perché Roma e Veneziavii erano largamente rappresentate da deputati appartenenti a quelle provincie; viva testimonianza, che quei popoli convenendo, lo sgombro di quei territori non è più che quistione materiale di tempo». [Op. 19/2/1861, Pers. 19/2/1861, G.Po. 21/2/1861] Mai così tanta folla a Torino Torino non ha mai visto a memoria d’uomo tanta folla stringersi nella sua cerchia quanto oggi. Il dialetto piemontese è quasi scomparso per far posto alla lingua italiana. Il municipio ha fatto addobbare la piazza Castello, quella di Carignano e la via Accademia delle scienze: spiccano 48 getti d’acqua e gli speciali apparecchi per l’illuminazione notturna. Addobbate anche la via di Po e la chiesa della Gran Madre di Dio. La giunta ha invitato i cittadini a illuminare parimenti le proprie abitazioni. E anche i poveri devono partecipare alla festa comune: il municipio ha distribuito ai Consigli di beneficenza razioni di pane per un valore di 5.000 lire. [G.Po. 16/2/1861. G.Uff. 19/2/1861] Musei aperti per l’occasione Per l’occasione, il municipio di Torino ha ottenuto che le sale dei Musei di antichità e di storia naturale siano aperti, da oggi a tutto il 23, dalle 10 alle 3 pomeridiane, e la reale Galleria d’armi, da oggi al 22, dalle 10 alle 4 (sempre che non siano presenti persone della famiglia reale). «A comodo dei forestieri» si è pure disposto che il cimitero possa essere visitato da oggi al 23 dalle 10 del mattino alle 4 di sera. [G.Po. 18/2/1861] Vetture a un cavallo, la corsa costa 1 lira Il sindaco ha anche ricordato in una nota pubblicata sulla Gazzetta del Popolo, «ad opportuna norma dei cittadini e dei forestieri», che le tariffe delle vetture di piazza restano quelle in vigore. In altre parole, che non si deve speculare sulla grande occasione che vive Torino. Per una corsa nel perimetro della linea daziaria (compreso il camposanto che ne è fuori) 1 lira su vetture a un cavallo e 1,50 a due, dalle sei del mattino alla mezzanotte; rispettivamente 1,50 e 2 lire dalla mezzanotte alle sei. [G.Po. 17/2/1861] Il deputato De Sanctis non trova una camera Per i «forestieri» arrivati da ogni parte d’Italia non è però tutto facile in questi giorni a Torino. Alberghi, locande e osterie sono pieni. Persino sessanta neo deputati non hanno trovato una camera ma si sono dovuti accontentare di un alloggio di fortuna. Francesco De Sanctis, eletto a Napoli, scrive a casa il 19: «Non abbiamo trovato niente apparecchiato per gli alloggi. La prima notte siamo stati sette in una stanza. In questo punto non ho ancora trovato nulla». [Caprarica 2010] E alla fine l’Inno nazionale di Notaro Al calare della sera la folla non abbandona le strade. Le bande militari suonano nelle piazze. L’appuntamento principale è in piazza Castello, dove suona il corpo di musica della Guardia nazionale di Torino diretto da Camillo Demarchi, con cento coristi diretti da Luigi Rossi. In programma un galop di Ricordi, la sinfonia della Gazza ladra di Rossini, un valzer di Strauss, il preludio all’Ernani, il coro e la sinfonia dell’Aroldo di Verdi, preludio e coro degli Orazi e Curiazi di Mercadante, preludio, brindisi e duetto della Traviata, ancora di Verdi, una polka di Demarchi. Il concerto si conclude sulle note di Novaro (e le parole di Mameli) dell’Inno nazionale. [G.Po. 17/2, 18/2/1861] Razzi matti, torbiglioni, candele romane... Intorno alla chiesa della Gran Madre di Dio, lo spettacolo è con i fuochi d’artificio. Il pirotecnico Ardenti ha preparato 300 razzi assortiti accompagnati da piccole bombe, 12 razzi a paracadute e batterie di 200 razzi matti, 12 torbiglioni, 10 batterie di candele romane ecc. [G.Po. 18/2/1861] Giornata di gioia anche a Udine A Torino arriva l’eco di un’altra grande festa per l’apertura del primo Parlamento italiano: anche Udine, che è ancora sotto gli austriaci, oggi ha vissuto un giorno di gioia. Di buon mattino un grandissimo tricolore sventolava davanti al palazzo dell’arciduca. C’è rimasto poco, subito tolto dalla polizia, ma abbastanza perché in molti lo vedessero. Già alle sette, del resto, le strade erano affollate. Negozi, botteghe e magazzini chiusi. Alle 8 la polizia ha cercato di farli aprire, ma non c’è stato verso. Sono state celebrate anche due messe, che le guardie hanno atteso invano per osteggiarle. La seconda s’è conclusa a mezzogiorno con un grido unanime: «Viva Vittorio Emanuele!». [G.Po. 22/2/1861] A Gaeta onore a vincitori e vinti A Gaeta i soldati sgombrano le rovine della città e dissotterrano i cadaveri dalle macerie. Lo spettacolo è orribile. La roccaforte borbonica in cui si era rifugiato Francesco II è caduta mercoledì scorso, 13 febbraio, dopo 102 giorni di assedio. Oggi è stata celebrata una messa funebre dinanzi alla cittadella. Un ordine del giorno del generale Cialdini, comandante delle truppe piemontesi, onora l’esercito vittorioso ed anche quello nemico. Finisce così: «La morte copre di mesto velo le discordie. Gli estinti sono tutti eguali agli occhi dei generosi. Le ire nostre d’altronde non sanno sopravvivere alla pugna. Il soldato di Vittorio Emanuele combatte e perdona». [Per. 19/2/1861, G.Po 21/2/1861] «Brani di corpi umani raccolti tra le rovine» Scrive la Gazzetta di Genova in una corrispondenza da Gaeta: «Tutte le strade sono ingombre di rottami e di macerie delle case percosse e rovinate dalle palle di cannone e dallo scoppio delle bombe, in guisa che difficilmentevii si può camminare. Si vedono qua e là abbandonate le barelle che portavano testè cadaveri sfracellati o, per meglio dire, brani di corpi umani raccolti in mezzo a tante rovine». [G. Ge. 19/2/1861] Fonti: Gazzetta di Genova (G.Ge); Gazzetta del Popolo, Torino (G.Po.); Gazzetta Ufficiale del Regno, Torino (G.Uff); Mondo illustrato (M.Ill); L’Opinione, Torino (Op.); La Perseveranza, Milano (Per.); Antonio Caprarica, C’era una volta in Italia, Sperling & Kupfer-Rai, Milano 2010 Re e principi Umberto e Amedeo a palazzo Carignano · Alle 4 ant. arriva a Torino un battaglione al completo della guardia nazionale di Napoli. Alle 11 il Re recasi nella speciale grande aula di palazzo Carignano ad inaugurarvi la nuova legislatura, salutato fuori e nell’aula da grande entusiasmo; sono presenti ai suoi fianchi il principe Umberto e il principe Amedeo. Nella tribuna diplomatica sono il gen. prussiano von Bonin, e i rappresentanti diplomatici di Prussia, Inghilterra,Francia, Turchia, Svezia e Belgio. Prima che cominciasse la seduta reale le guardie nazionali hanno dovuto intervenire ad espellere dall’aula un napoletano, certo Antonio Catelano, pittore e poeta, scervellato, che erasi seduto fra i deputati e non voleva andarsene, dicendo che toccava a lui rispondere al discorso reale. Nella nuova Camera sono 85 fra marchesi, duchi e principi; 74 avvocati; 52 fra dottori, ingegneri, professori; 23 Ufficiali, 5 abati. Liborio Romano eletto in otto collegi; Pasini, Cordova, Nisco ed Imbriani in 3; Audinot, Farini, Brofferio, De Vincenzi, Spaventa, Cavour, Borromeo, Alfieri di Sostegno, Pepoli, Depretis, Morelli, Sirtori, Cialdini, Mamiani, Cipolla, Rasponi e Boschi in due. I senatori attuali sono 221. [Comandini] Il ministro Cavour dinanzi al Parlamento · Esce a Torino un opuscolo intitolato: Il ministro Cavour dinanzi al Parlamento, attribuito allo stesso Cavour. [Comandini] La carrozza a vapore per le vie di Torino · Torna ad apparire per le vie di Torino la carrozza a vapore ideata dall’ora generale Bordino, che l’ha esumata in occasione della patriottica solennità odierna. [Comandini] Popolani nell’osteria dei Veneziani · A Genova una frotta di popolani a sera recasi nell’osteria dove bazzicano i Veneziani calafati ma guardie di P.S. carabinieri e pattuglie militari intervengono e ne arrestano tanto di una parte che dell’altra. [Comandini] Francesco Cisotti ricusa la carica di deputato · Da Torino il vicentino nob. Francesco Cisotti ricusa la carica di deputato per gli estimati nobili presso la Congregazione Centrale Lombardo-Veneta, offertagli dall’I. R. delegato provinciale Ceschi «pieno essendo oggidì il convincimento che, accettando, per nulla si potrebbe giovare al proprio paese, certi che i Comuni proponenti sapranno comprendere il mio animo ed i miei sinceri desideri a loro vantaggio.» [Comandini] Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia · A Venezia dalle 2 alle 4 p. sulla Riva brillante passeggiata di cittadini come dimostrazione per l’apertura del Parlamento a Torino. Nella notte eran stati affissi qua e là molti cartelli con la scritta: Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia. [Comandini] Bandiera tricolore davanti al palazzo governativo a Udine · In Udine – in relazione all’apertura del Parlamento a Torino – una gran bandiera tricolore sventola di prima mattina davanti al palazzo governativo. La polizia affannasi a toglierla. La grande maggioranza dei negozi sono chiusi, la popolazione comportasi come in giorno festivo. Nella chiesa di San Pietro Martire e in Duomo sono celebrate messe prestabilite, al finire delle quali il pubblico canta l’oremus pro rege nostro Victorio Emanueli. Nei pomeriggio festoso corso delle carrozze. [Comandini] All’arrivo dei Cacciatori del Tevere i briganti si ritirano · All’appressarsi dei Cacciatori del Tevere, delle guardie nazionali e di truppe regolari i briganti sgombrano da Collalto ritirandosi precipitosamente entro Poggio Ginolfo. [Comandini] Banchetto per gli ufficiali dell’esercito a Ascoli · In Ascoli la cittadinanza offre banchetto, nel gran teatro di Vetidio Basso, agli ufficiali dell’esercito qui stanziati. Manca il gen. Mezzacapo partito per una spedizione contro Civitella. [Comandini] Il principe di Garignano inaugura una ferrovia · Il principe di Garignano inaugura la ferrovia da Sarno a Sanseverino. [Comandini] A Gaeta Cialdini onora i caduti · Davanti a Gaeta è celebrata solenne messa funebre. Cialdini emana ordine del giorno che onora, i caduti di una parte e dell’altra. [Comandini] Cialdini concede capitolazione al governo borbonico · Il gen. Chiabrera a Messina fa sapere al gen. Pergola, comandante borbonico della cittadella, a nome del gen. Cialdini, che il governo italiano è disposto a concedergli capitolazione conforme a quella di Gaeta; se no sarà poi costretto ad arrendersi a discrezione. [Comandini] |