OPUS SEGNINUM
Cenni storici e di tecnica di costruzione Anticamente i Segnini si distinsero per questa maniera di edificare, che consisteva nel comporre con cocci, sassi, pezzi di mattone e calce le mura, i pavimenti e intonachi. Ne risultava un'opera ben saldata e consolidata che i più valenti architetti dell'epoca ne raccomandavano l'uso. Tanto è che sia i Romani che i Latini, lo adottarono, mantenendo però sempre il nome originale di "Opus Signinum" dal luogo della sua origine. Plinio nella sua Naturalis Historia, ci dà una perfetta descrizione (1). Il Columella (2) ed il celebre architetto romano Vitruvio (3) parlando dei pozzi scavati, affermano che per far sì che essi possano reggere l'acqua raccolta, devono essere lastricati alla maniera segnina. Inoltre lo stesso Vitruvio ci da le regole per comporre l'Opus Signinum scrivendo: "Si deve prima preparare dell'arena purissima, si rompono i selci in ciottoli non più grossi del peso di una libra, vi si aggiungono della calce della più gagliarda e tutto nelle seguenti proporzioni: cinque parti di arena, due di calce, vi si aggiunge del cemento, si mescola tutto in un grande mortaio e con questo miscuglio si fanno delle mura, oppure si spalma il terreno e si pesta tutto con pestelli di legno ferrato".(4) Il Furietti (5) ci dà la stessa descrizione; altrettanto asserisce Ulpiano (6). Gli avanzi rimasti sino ai nostri giorni, sono là a testimoniare la grandezza ed il genio dei nostri remoti concittadini.
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La tecnica era conosciuta fin dai Fenici, come testimoniano ad esempio i pavimenti dei siti archeologici di Selinunte e Soluntoin Sicilia, ma fu perfezionata dai Romani (opus signinum) che utilizzavano il cocciopesto come impermeabilizzante (rivestimento di fondo e pareti di vasche in muratura o di cisterne), così come lo descrive Vitruvio, oppure come materiale di pavimentazione, in cui la malta faceva da matrice a tessere di mosaico disposte in vario modo o a frammenti di marmi bianchi o colorati, e comunque in alternativa alla pozzolana come malta idraulica anche, sempre secondo Vitruvio, per intonaci.
______________________________________ Il cocciopesto è un materiale edilizio utilizzato come rivestimento impermeabile per pavimenti sia interni che esterni, ma anche per il rivestimento di pareti (ad es. di cisterne). È composto da frammenti di laterizi (tegole o mattoni) minutamente frantumati e malta fine a base di calce aerea. Si posa in diversi strati, caratterizzati da diverse granulometrie, che vengono battuti e bagnati diverse volte. Gli antichi romani lo chiamavano Opus signinum, termine latino derivante dalla città di Segni (Signa), presso Roma, dove secondo antiche fonti fu inventato. Vitruvio ne descrive la fabbricazione e l'uso. |
“Un bellissimo Calcistruzzo grosso due piedi, e sì massiccio, e sì duro, che il mio grave, e tagliente martello vi sbalzava, come sopra un’incudine, forma interamente una massa, un pezzo solo dell’impiantito, delle pareti e della volta. Questo Calcestruzzo è composto di calce squisita, di tritumi di pietra calcarie e silicie del M. Argentario, e di cocciami minutamente infranti, che danno un color giallognolo a tutta la massa”
CURIOSANDO 2 tra libri di storia, ricerche e studi sul nostro territorio, ci si può imbattere in una “informazione” che dovrebbe rendere orgogliosi i segnini.
Il Prof. Giorgio Santi, professore di storia naturale nell’Università di Pisa, in un testo sulle province Senesi, pubblicato nel 1798*, cita il Calcestruzzo ottenuto dalla calce scelta e dai cocci di anfore, vasi di terracotta segnino.
Plinio nel libro 35, cap 46 cita così: i vasi della città di Segni erano i migliori e più accreditati degli altri.(“Fractis etiam testis utendo sic, ut firmius durent, fusis calce addita, que vacant signina”).
Si può ipotizzare che a Segni ci fossero fornaci dove si producevano anfore per contenere olio e vino, urne cinerarie, lacrimatoi, orci ecc. tutto ciò risalente ai tempi degli antichi Etruschi che utilizzavano le terracotte per riti religiosi o agricoli, come hanno dimostrato gli scavi archeologici effettuati nei tempi passati in quel territorio.
*Cap. XI pagg. 179-183 e Fig. 2 Tav III
CURIOSANDO 2 tra libri di storia, ricerche e studi sul nostro territorio, ci si può imbattere in una “informazione” che dovrebbe rendere orgogliosi i segnini.
Il Prof. Giorgio Santi, professore di storia naturale nell’Università di Pisa, in un testo sulle province Senesi, pubblicato nel 1798*, cita il Calcestruzzo ottenuto dalla calce scelta e dai cocci di anfore, vasi di terracotta segnino.
Plinio nel libro 35, cap 46 cita così: i vasi della città di Segni erano i migliori e più accreditati degli altri.(“Fractis etiam testis utendo sic, ut firmius durent, fusis calce addita, que vacant signina”).
Si può ipotizzare che a Segni ci fossero fornaci dove si producevano anfore per contenere olio e vino, urne cinerarie, lacrimatoi, orci ecc. tutto ciò risalente ai tempi degli antichi Etruschi che utilizzavano le terracotte per riti religiosi o agricoli, come hanno dimostrato gli scavi archeologici effettuati nei tempi passati in quel territorio.
*Cap. XI pagg. 179-183 e Fig. 2 Tav III