Monti Lepini
Artena - Bassiano - Carpineto Romano - Cori - Gorga - Maenza - Montelanico - Norma - Priverno - Prossedi Roccagorga - Roccamassima - Roccasecca dei Volsci - Segni - Sermoneta - Sezze - Sonnino - Supino
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Storia
LA CITTA' SUL PIANO DELLA CIVITA. Artena è un toponimo antichissimo, di origine sicuramente pretolina. Tito Livio, storico padovano cui si deve la storia di Roma antica, conosceva sotto il nome di Artena due città diverse: una certamente del popolo dei Ceriti, posta tra Cerveteri e Veio e che fu distrutta al tempo dei re di Roma; l'altra Volscorum oppidum, di cui egli racconta l'assedio da parte dei romani. L'identificazione del luogo con l'Artena liviana, tuttavia, non convince gli studiosi. Secondo gli archeologi dell'università di Lovanio (Belgio) la topografia della roccaforte volsca, del tutto particolare, raccontata da Livio, non si collega affatto con la disposizione dei luoghi che presenta la "Civita"- il luogo dove sorgeva originariamente il paese - anche se la distruzione della prima fase edilizia della città, avvenuta attraverso un incendio, potrebbe provare che la stessa città sul Piano della Civita fossa stata oggetto di un assedio vero e proprio. Dal XVII secolo ad oggi numerose altre identificazioni sono state proposte anche se in modo troppo vago per autorizzare una localizzazione precisa. Solamente nel 1982 l'archeologo Lorenzo Quilici avanzò l'ipotesi che la città sul Piano della Civita fosse Ecetra, che era la grande metropoli del popolo dei Vo1sci. Tito Livio e Dionisio attribuiscono ad Ecetra un ruolo preminente nelle guerre che opposero, nei secoli V e VI, i Volsci ai Romani. Un'altra ipotesi fu avanzata, un secolo prima, dallo storico De La Blanchere, secondo il quale il nome della città antica potrebbe nascondersi sotto l'etnico greco Fortino, indicato da Dionigi di Alicarnasso nell'enumerazione dei popoli di origine latina che si riunirono verso il 500 per concludere la grande Lega Latina contro Roma. Se fosse questo il caso, la denominazione medievale di Montefortino (primo nome di Artena), potrebbe trovare la sua etimologia ancora più in alto, e cioè nello stesso antico nome della città che si trovava sul Piano della Civita. Da questo a voler restituire alla Civita il nome di Fortinum c'è solo un passo, anche se mai attestato da alcuna fonte antica. La soluzione del giallo dell'antica città del Piano della Civita, comunque, dipenderà esclusivamente da una futura scoperta. MONTEFORTINO. Gli abitanti dell'antica città posta sul Piano della Civita, successivamente cominciarono a stabilirsi nella valle sottostante, occupando il territorio denominato Colle di Maiorana. Ma l'avvento di Alarico, terrorizzò a tal punto gli abitanti che questi tornarono a ristabilirsi nella parte più alta del territorio. Costruirono una chiesa denominata Santa Maria delle Letizie, che precedentemente doveva essere un tempio pagano dedicato alla dea Giunone, e realizzarono le loro abitazioni tutt'intorno a questa Chiesa. Il villaggio cominciò quasi immediatamente a prendere sempre più la fisionomia di centro abitato fortificato e venne chiamato Castello di Montefortino. Il documento in cui compare per la prima volta il nome Montefortino risale al 17 dicembre del 1151, ed è un atto di permuta stipulato tra i Conti di Tuscolo e il Papa Eugenio III, nella Chiesa di Santa Maria Fluminaria, una località tra l'attuale Colleferro e Montefortino. Dal documento appare chiaro che in quel tempo la famiglia dei Conti era la proprietaria del feudo Montefortino. LE DISTRUZIONI. Nel 1237, il Papa Gregorio IX e l'imperatore Federico II, erano nuovamente in guerra. L'imperatore, a giudizio del Papa, aveva vincolato i diritti della Chiesa ed aveva fatto eleggere suo figlio Enzo, Re di Sardegna, terra che era assoluto feudo papale. Gregorio IX, certo che Federico II volesse fare di Roma la capitale del suo impero, lo scomunicò per la seconda volta. A Roma, però, Federico trovò valido appoggio in alcune tra le famiglie piu' importanti che erano schierate contro il Papa. Il cardinale Giovanni Colonna, notoriamente contro il Pontefice, appena saputo della rottura completa tra il Papa e l'Imperatore, uscì da Roma con i suoi uomini armati e si portò a Palestrina, roccaforte della sua famiglia. Dalla città prenestina realizzò alcune spedizioni, occupando per conto di Federico II, Tivoli, Montecelio e il ponte sull'Aniene. Nell'estate del 1241 l'imperatore raggiunse il cardinale mentre le sue truppe saccheggiavano l'intera regione. Montefortino fece fiera resistenza agli attacchi portati dalle truppe imperiali, ma alla fine dovette capitolare. Tremenda fu la vendetta di Federico Il che ordinò la distruzione del paese. Montefortino fu distrutta per altre tre volte nel periodo che va dal 1526 al 1557. Queste volte, però, furono le truppe papali ad annientare il paese. L'ultima fu la volta più terribile. Montefortino fu completamente abbattuto, arato e seminato con il sale per ordine di Papa Paolo IV (Per saperne di più leggere il libro: "Arato e seminato col sale" di Vittorio Aimati). LA FAMIGLIA BORGHESE Il feudo di Montefortino arrivò ai Borghese attraverso un vero e proprio atto di vendita. All'inizio del 1600 padrone della città era Marzio Colonna. Questi non si dimostrò un bravo amministratore, tanto che si indebitò fino al collo. Sua moglie Giulia, a nome del marito, fu costretta a vendere il feudo al Cardinale Aldobrandini. Ma contro tale vendita insorsero gli eredi e i debitori che avevano intravvisto nell'atto di vendita alcune irregolarità. A quel punto si procedette ad un regolare processo che annullò la vendita del feudo. Fu il figlio di Marzio però, successivamente, a vendere il paese, perché i debiti del padre erano incalcolabili e non potevano essere estinti. Montefortino fu acquistato dalla famiglia Borghese all'inizio del 1600, attraverso il cardinale Scipione, nipote del Papa Paolo V, e personaggio di spicco nella cultura di quel tempo. Il periodo Borghesiano fu foriero di opere prestigiose costruite in paese tra le quali citiamo la Piazza oggi denominata della Vittoria, l'Osteria, un albergo ante litteram per i passeggeri che da Roma si recavano a Napoli e viceversa, il Palazzetto del Governatore, il Granaio, Palazzo Borghese, dimora ancora oggi della famiglia, e, il simbolo di Artena, il monumentale Arco Borghese, porta principale d'ingresso al centro storico. ECCO ARTENA Con il regio decreto del 13 febbraio del 1873, dopo la delibera del comune di Montefortino del 25 gennaio dello stesso anno, il paese, quasi per rendere più concreto il passaggio dal vecchio ordinamento nazionale a quello nuovo, cambiò nome e cominciò a chiamarsi Artena, in ricordo della città ignota del Piano della Civita, anche se quella citta' non era certamente l'Artena indicata da Tito Livio. Il nuovo Comune, seguendo le direttive dell'amministrazione centrale fu costretto ad affrontare mille problemi, che vennero tutti risolti grazie all'opera di un uomo illuminato come il Segretario Comunale di quel tempo, il bolognese Luigi Rangoni, uomo di grande spessore morale; con la collaborazione del principe Giovanni Borghese. |
PER SAPERNE DI PIU'. A tutti coloro che leggendo questi brevissimi cenni storici fossero interessati ad approfondimenti sulla storia del paese di Artena, consigliamo di leggere alcuni libri. Il primo e' quello di Carlo Cadderi, "Artena ex cinere resurgo", scritto in occasione del centenario dell'apposizione del nuovo nome, nel 1973. Racconta la storia del paese, dalle origini al 1870. Parte invece proprio dal 1870, e racconta il XX secolo, il libro di Vittorio Aimati "Cento anni di storia artenese", attraverso fatti e personaggi che hanno caratterizzato il novecento. Un altro libro da non perdere è "Arato e seminato col sale", sempre di Vittorio Aimati, e racconta la storia dell'assedio e della distruzione di Montefortino avvenuta nel 1557. Una particolare attenzione va data anche ai libri cosiddetti tecnici e che parlano del sito di Piano della Civita scritti dagli studiosi Lorenzo Quilici e Roger Lambrechts. Altre citazioni meritano tutti quei libri che parlano dei personaggi della storia locale. Carlo Cadderi ha scritto un bel libro su Padre Ginepro Cocchi, missionario in Cina, martire e beato. Stesso argomento piu' approfondito, per un testo di Piero Proietti: "Missionario in Cina", che racconta la vita e le opere pastorali del beato Ginepro Cocchi. Segnaliamo, inoltre, Il notaro pubblico, catalogo sulla mostra allestita su Stefano Serangeli, nel 1999, che descrive il periodo di vita dello storico artenese. I libri citati, e tanti altri scritti sul paese, sono disponibili presso la biblioteca comunale. Per una attenta e dettagliata bibliografia sul comune di Artena, rivolgersi all'Ufficio Relazioni con il Pubblico, autore di queste note