Monti Lepini
Artena - Bassiano - Carpineto Romano - Cori - Gorga - Maenza - Montelanico - Norma - Priverno - Prossedi Roccagorga - Roccamassima - Roccasecca dei Volsci - Segni - Sermoneta - Sezze - Sonnino - Supino
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SERMONETA
Frammenti di storia e archeologia
Preistoria e Protostoria Il territorio compreso nel comune di Sermoneta presenta notevoli testimonianze archeologiche che si articolano cronologicamente e in maniera consistente a partire dalla prima età del ferro (IX sec. a.C.). Scarsissime sono, infatti, le attestazioni del periodo precedente (età del bronzo) e della preistoria. Ciò dipende non tanto da una eventuale mancanza della presenza umana, ma da una lacuna degli studi e delle ricognizioni superficiali. L’area sicuramente più interessante riguarda le località Caracupa e Valvisciolo, che hanno restituito, attraverso l’individuazione e lo scavo effettuato all’inizio del ’900 di una necropoli dell’età del ferro e lo studio dei terrazzamenti in opera poligonale del monte Carbolino, una delle pagine più importanti della storia più antica del Latium Vetus e, inoltre un tassello importante per la definizione della cosiddetta Cultura Laziale. La necropoli arcaica di Caracupa La necropoli fu rinvenuta tra il 1901 e il 1903 dagli archeologi Savignoni e Mengarelli i quali si stavano interessando dello scavo dell’abitato di Norba e della ricognizione del territorio tra Norma e Sermoneta. Nel tentativo di inviduare la necropoli di Norba, i due arceologi rinvennero una serie di prime tombe segnalate da abitanti locali, ma che non avevano nessuna relazione cronologica con l’abitato italico. Lo scavo portò alla luce 76 tombe ad inumazione e 4 tombe ad incinerazione ed altre 15 furono rinvenute in campagne successive al 1903. Il sesso degli individui sepolti era in prevalenza femminile (44 contro 28). Il corredo funerario che in alcune tombe era particolarmente ricco era costituito da vasi di ceramica d’impasto bruno eseguiti con la tecnica cosiddetta a colombina (anforette di tipo laziale, kyathoi tazze-attingitoio con ansa bifora), materiale di bronzo (fibule, anelli da sospensione, anelli, tripodi, coltelli, lance), materiale di ferro (spade) altro materiale ceramico (fuseruole, pesi da telaio, rocchetti), materiale d’argento (fermatrecce) ed elementi d’importazione specie nelle sepolture più recenti (collane con elementi d’ambra e pasta vitrea). Tutto il materiale si inquadra cronologicamente nella prima età del ferro tra la fase laziale IIb (830-770 a.C) e la IV fase (720-580 a.C.). La cultura materiale di questa comunità, pur ricoscendo alcune peculiarità è confrontabile con gli elementi tipici della cosidetta Cultura Laziale rappresentata dalle numerose testimonianze archeologiche rinvenute nella area storicamente nota con il nome di Latium Vetus. Di difficile individuazione è l’abitato pertinente a questa necropoli, non sono visibili, infatti, tracce consistenti di fortificazioni o andamenti particolari del terreno che lasciano presupporre una sistemazione insediativa. Tuttavia ad Est dell’area della necropoli si sono rinvenute frammenti di intonaco di capanna e ceramica di uso quotidiano che lasciano presupporre una dislocazione dell’abitato verso il pendio del monte Carbolino. L’abitato poteva essere comunque in parte difeso naturalmente a Nord-Ovest da un torrente, noto attualmente con il nome “Fosso della Badia”. La possibilità di individuazione è inoltre complicata dagli sbancamenti operati negli anni ’20 per lo scavo di canali e la costruzione di imponenti opere idrauliche. Valvisciolo e le fortificazioni del monte Carbolino Una delle più imponenti testimonianze dell’età arcaica del comune di Sermoneta è sicuramente il complesso dei terrazzamenti in opera poligonale situati sul pendio Ovest del Monte Carbolino. Si tratta di segmenti di mura aventi lunghezza variabile e posti ad altezze diverse. I tratti più bassi si trovano a circa m. 230 di altezza sul livello del mare e seguono l’andamento di un sperone roccioso; i segmenti più alti si trovano a m. 360. La struttura delle mura è formata da un doppio paramento in opera poligonale cosìdetta di I maniera (struttura a grandi blocchi di calcare sovrapposti a secco) e da un riempimento di scaglie di calcare posto tra il paramento e il pendio. La datazione di queste mura è ancora incerta. Gli scavi eseguiti da Paribeni e Mengarelli tra il 1903 e il 1907 hanno chiarito in parte la questione della cronologia di questo complesso. I dati forniti dai due archeologi riguardano lo scavo di una tomba dell’VIII sec rinvenuta al di sotto del riempimento di un tratto delle mura e il rinvenimento di una stipe votiva, con materilale databile alla fine del VI sec.(vasetti votivi protocorinzi). La tomba, secondo Paribeni e Mengarelli, stabilisce il teminus post quem della costruzione delle mura, ovvero il termine più antico dopo il quale furono costruite le mura; il materiale più recente della stipe votiva il terminus ante quem, ovvero il termine più recente prima del quale si colloca l’edificazione del complesso. Concludendo la questione cronologica si può affermare, sempre sulla base delle interpretazioni dei due archeologi, che le mura furono costruite tra il VII e il VI sec. Se questi dati venissero confermati da nuove indagini, le mura del monte Carbolino sarebbero le attestazioni più antiche della tecnica costruttiva dell’opera poligonale nell’Italia centrale. L’interpretazione riguardo la funzione di queste strutture è ancora oggetto di discussione tra gli archeologi. Il cospicuo impegno di energia per l’edificazione e la complessa perizia tecnica escludono la possibilità che queste mura fossero semplici terrazzamenti per uso agricolo. L’opinione degli archeologi concorda sul carattere difensivo della mura e, quindi sulla loro pertinenza ad un abitato arcaico. Il complesso probabilmente fortificava il collegamento tra l’abitato arcaico di Caracupa posto a valle, e un abitato sparso sul pendio del Monte Carbolino a Sud del complesso. E’ improbabile, infatti che le mura stesse fossero costruzioni di abitazioni, visto l’esiguo spazio presente su di esse. La costruzione di queste mura va visto in quel processo di formazione degli abitati del VII sec.coinvolgente tutto il Latium vetus, e che sta alla base della civiltà urbana arcaica della regione. DA SULMO AI GIORNI NOSTRI Sermoneta sorge sul sito dov’era, probabilmente, l’antico insediamento romano di Sulmo, conosciuto da Virgilio, che lo pone nella leggenda fra le città che combatterono contro Enea. Ricerche archeologiche condotte dal centro di studi del C.N.R. hanno permesso l’individuazione di un abitato fortificato, risalente al VII-VI secolo a.C. sulle pendici del monte Carbolino, sopra l’attuale abbazia di Valvisciolo, che secondo un’ipotesi tutta da dimostrare, poteva chiamarsi Sulmone; seguendo questa supposizione, si potrebbe argomentare che quel luogo sia stato abbandonato di fronte alla penetrazione volsca e che i residenti si siano spostati in un luogo più sicuro, sulla nostra rocca. Sulmone entra nel tempo storicizzato nel XII secolo d.C. come Sermoneta degli Annibaldi, che provvidero alla realizzazione di una prima cinta muraria ed alla strutturazione della torre del “Maschio”, più alta e snella di quanto appare oggi. Nel 1297 Bonifacio VIII Caetani acquista dagli Annibaldi, per 140.000 ducati d’oro, Sermoneta, San Donato e Bassiano ampliando i suoi vasti possedimenti. Nel 1499, le ricorrenti liti tra i vassalli bassianesi dei Caetani e i confinanti sezzesi, favorirono l’intervento del papa Alessandro VI Borgia, che colse l’occasione per scomunicare i Caetani con la bolla “Sacri Apostolatus Ministerio” e confiscarne tutte le proprietà, donandole alla figlia Lucrezia, che amministrò la rocca fino alla morte del padre, per poi ricederla ai Caetani. Da allora Sermoneta assunse un ruolo di notevole importanza, divenendo un punto di riferimento economico, politico e culturale per la sua collocazione strategica, che poteva controllare la via Pedemontana, unico collegamento tra Roma e Napoli, per l’impaludamento della via consolare Appia. Sono di questo periodo i lavori di fortificazione della seconda cinta muraria, del bastione della Torre Nuova e dello stesso castello, affidati ai migliori architetti del tempo. L’importanza assunta e la considerazione riconosciuta dal papato sono testimoniate dalla partecipazione di Onorato IV Caetani, in qualità di comandante della fanteria pontificia, alla battaglia di Lepanto (1571). Ai piedi del colle su cui è ubicato il centro storico scorre la via Pedemontana che ha origini ancora più antiche in quanto realizzata nel suo originario tracciato dalle popolazioni Volsche prima della fondazione di Roma. Collegava Roma a Napoli, con un percorso ai piedi delle colline, superando così le paludi pontine che per secoli hanno impedito il passaggio sulla via Consolare Appia. Sul tracciato della via Pedemontana sono sorti tutti centri antichi del territorio a sud di Roma: Cora, Norba, Ninfa, Valvisciolo, Sulmo/Sermoneta, Setia, Pipernum, Terracina; sulle trasversali di collegamento con l’Appia sono nati i centri abitati del territorio comunale di Sermoneta, che sono: 1. Doganella di Ninfa: venendo da Roma è il primo centro che si incontra. E’ situato nelle vicinanze di Ninfa ed è stato uno dei primi borghi della bonifica delle paludi pontine (1928). Tuttora è uno dei centri agricoli più importanti dell’Agro Romano e Pontino soprattutto per le coltivazioni della vite, delle olive, dei kiwi, della frutta. 2. Caracupa: l’abitato nasce ai piedi dell’Abbazia del Valvisciolo, dalle fortificazioni pre-romane di Monte Carbolino e nelle vicinanze della Necropoli da cui prende il nome. Era sede della stazione ferroviaria di Sermoneta/Bassiano sull’antica ferrovia Velletri/Terracina, realizzata alla fine dell’800 e ora dismessa. 3. Monticchio: l’abitato di Monticchio si sviluppa attorno agli insediamenti dell’antica stazione di posta sulla via Consolare, ai piedi della collina e della torre medievale detta della Vittoria. Caratteristici sono: il mercato domenicale di Piedimonti, la ricchezza di acque sorgenti sulfuree e minerali, il porto fluviale sul fiume Cavata. 4. Tufette/Acquapuzza: la zona si caratterizza per una doppia e rilevante presenza ambientale e produttiva. Tufette infatti nasce sull’antica via Consolare ai piedi della torre dell’Acqua Puzza, è ricca di sorgenti naturali e di terreni agricoli; nel contempo in questa parte del territorio è situata l’area per lo sviluppo industriale con insediamenti produttivi di rilevanza nazionale e internazionale. 5. Pontenuovo/Carrara: è l’agglomerato più recente, situato tra la stazione ferroviaria di Latina Scalo e il fiume Ninfa. E’ il centro urbano di maggior espansione sia ai fini urbanistici che per le prospettive di sviluppo nel settore dei servizi. |
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