Monti Lepini
Artena - Bassiano - Carpineto Romano - Cori - Gorga - Maenza - Montelanico - Norma - Priverno - Prossedi - Roccagorga - Roccamassima - Roccasecca dei Volsci - Segni - Sermoneta - Sezze - Sonnino - Supino
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NORBANA CIVITAS
In memoria ed onore del Console Caius Junius Norbanus Norba, citta fortificata di origine volsca, sorge vicino a Norma (LT), tra i monti Lepini che affacciano sulla pianurapontina. Distrutta nel 79 a.C. dal generale Emilio Lepido, a seguito delle sanguinose lotte tra Mario e Silla, non fu più ricostruita. Caio Giunio Norbano, console romano, fu originario di questa terra ed è ancor oggi ricordato per essere stato l’estensore della Lex Junia Norbana (prob. 44 a.C.): con questa legge, per la prima volta nella storia dell’umanità, ad uno schiavo veniva riconosciuta la possibilità di poter diventare un uomo libero, sia pur con alcune limitazioni. Un passo importante per la civiltà del diritto e per la storia della società: per doverosa informazione, ne riportiamo la traduzione in italiano. Per chi volesse leggere il testo normativo nell’originale latino, può cliccare qui. LEX JUNIA NORBANA ”Per il medesimo principio, al contrario, dall’unione di un Latino e di una cittadina romana, sia che il matrimonio sia stato contratto secondo la legge Aelia Sentia sia secondo un’altra normativa, nasce un cittadino romano. Tuttavia secondo il parere di alcuni, se il matrimonio è contratto in base alla legge Aelia Sentia, nasce un Latino, poiché in quel caso il contratto di matrimonio tra quelli è regolato dalla legge Aelia Sentia e dalla legge Iunia e in ogni caso il contratto di matrimonio stabilisce che il figlio assume la condizione del padre; se, invece, il matrimonio è contratto secondo un’altra normativa, il figlio assume la condizione della famiglia della madre e pertanto è un cittadino romano. Tuttavia ci serviamo di tale diritto in base ad un decreto del senato che, per ordine del divino Adriano, stabilisce che in ogni modo il figlio di un Latino e di una cittadina romana nasce come cittadino romano. Resta da esaminare la questione dei beni dei liberti latini. Al fine di rendere più chiara questa sezione del diritto, dobbiamo ricordare ciò che abbiamo detto in altra sede,per esempio, che coloro i quali sono chiamati attualmente Latini Iuniani, prima erano degli schiavi in base alla legge dei Quiriti ma, con l’ausilio del pretore, di solito riuscivano a mantenersi in una condizione di libertà; pertanto anche i loro beni solitamente appartengono ai patroni per il diritto del peculio, ma in seguito, grazie alla legge Iunia, tutti coloro che il pretore manteneva in libertà, divennero liberi e furono chiamati Latini Iuniani: Latini perché la legge stabilì che loro fossero da quel momento in poi liberi, come se fossero cittadini romani nati liberi, i quali, andati via da Roma e stanziatisi nelle colonie latine, divennero Latini appartenenti alle colonie; furono inoltre chiamati Iuniani, perché divennero liberi grazie alla legge Iunia, sebbene non fossero cittadini romani. Dato che il promotore della legge Iunia aveva intuito che si sarebbe verificato che, a causa di quella finzione legale, i beni dei Latini deceduti cessavano di appartenere ai patroni, poiché naturalmente non morivano da schiavi, così che i loro beni potevano appartenere ai patroni per il diritto di peculio, inoltre poiché i beni di un liberto latino non potevano appartenere ai patroni in base al diritto di affrancamento, affinché il beneficio concesso a costoro non danneggiasse i patroni, ritenne necessario stabilire che i loro beni appartenessero agli affrancatori, anche se la legge non fosse stata promulgata. Quindi in qualche modo per il diritto di peculio i beni dei Latini, secondo quella legge, appartengono agli affrancatori. Ne consegue che i diritti che sono stati stabiliti dalla legge Iunia sui beni dei Latini sono molto differenti rispetto ai diritti che sono osservati in relazione all’eredità dei liberti dei cittadini romani. Infatti l’eredità del liberto di un cittadino romano in alcun modo appartiene agli eredi estranei alla famiglia del patrono; al contrario appartiene in ogni modo al figlio del patrono, ai nepoti del figlio e ai pronipoti generati dal nipote del figlio, anche se furono diseredati da un genitore; invece i beni dei Latini, così come i risparmi degli schiavi, appartengono anche ad eredi estranei alla famiglia e non appartengono ai figli diseredati dell’affrancatore”. |